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Interviste
Parla il padre del tifoso ferito a Pescara

Interviste     6 Dicembre 2006     Fonte: Gazzetta dello Sport

"Colpito da un lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo dalle forze dell'ordine"


Dopo un intervento neurochirurgico e nove giorni di coma indotto, Gianluca Chalgaf, il tifoso napoletano rimasto ferito a Pescara, si è svegliato domenica sera: i medici hanno deciso di sospendere la somministrazione dei farmaci e ieri lo hanno trasferito in neurochirurgia. Ora è considerato fuori pericolo.
«Non riesce ancora a parlare — dice il padre —, ma è già un miracolo che sia vivo. Quando ci ha visto è scoppiato in lacrime, ma è meglio che sorrida. Carmine Gautieri, il giocatore del Pescara che lo conosce sin da piccolo, ha voluto pagare tutte le spese, è stato eccezionale. Ci è stato molto vicino, come i tifosi del Napoli e del Pescara».
Anche Fabio e Paolo Cannavaro e Montervino sono stati in contatto telefonico: «Molto affettuosi, hanno regalato a Gianluca una maglia con le firme della squadra. La società, invece, ci ha ignorato: una sola telefonata e basta. Spariti. Hanno detto che avrebbero richiamato, ma non si è fatto più sentire nessuno. Siamo davvero dispiaciuti. A noi, comunque, non importa: conta solo la vita di Gianluca. Vi rendete conto? Poteva anche morire».
E giù col racconto della propria versione dei fatti: «Lui è partito la mattina di sabato 25 novembre con 3 amici ed è entrato allo stadio con regolare biglietto. Quando è scoppiato il caos era già dentro, e all'improvviso è stato colpito da un lacrimogeno sparato ad altezza d'uomo dalle forze dell'ordine: guardate il segno», dice indicando una sorta di marchio a fuoco che campeggia sul cranio di Gianluca. «Ora vogliamo la verità, vogliamo sapere cosa è successo: mio figlio non supererà mai lo choc, chi ha sparato dovrà pagare.
Abbiamo già sporto denuncia alla Procura della Repubblica di Pescara contro la Digos di Napoli, Bari e Pescara». Gianluca ascolta e interviene, facendosi capire a gesti: mima con la mano destra una pistola e se la porta dietro la testa. Poi, mima le manganellate: «Dice che lo hanno picchiato, come una bestia», interviene il padre. Gianluca annuisce.

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