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Interviste
Pesaola nel ricordo degli amici di campo e di vita

Interviste     30 Maggio 2015     Fonte: Gianluca Di Marzio

Aneddoti, ricordi ed esperienze vissuti insieme al Petisso da Savoldi, Bruscolotti, Di Marzio e Canè


Pesaola nel ricordo degli amici di campo e di vita Ricordi ed emozioni in bianco e nero, che riaffiorano nella mente e nel cuore, e che d'un tratto, si tingono di magia e si colorano nel raccontare aneddoti, ricordi ed esperienze vissute a tu per tu con Bruno Pesaola, “El Petisso”. Frammenti indelebili di chi con lui ha condiviso in campo momenti esaltanti, di un calcio e di un'epoca che non ritornano più. Ricordi che hanno condiviso, commossi ed emozionati, in esclusiva per GianlucaDiMarzio: “E' stata una grande persona, con lui ho avuto un fantastico rapporto sia dal punto di vista umano che calcistico. Tra i tanti allenatori che ho conosciuto è una delle persone più brave e corrette che ricordi, mi lega a lui un rapporto affettivo fantastico – racconta un Beppe Savoldi – L'ho avuto prima a Bologna e poi a Napoli, quindi se parlo di lui e dico che è una persona eccezionale c'è da crederci. Aveva una caratteristica particolare che lo distingueva dagli altri, era un maestro nel leggere la partita e cambiare la squadra in corsa. Ce ne fossero in questo calcio allenatori come lui, oggi sono pochissimi quelli che sanno abbinare il rapporto umano alla preparazione tecnico tattica. Bisognerebbe prendere esempio da uomini come Pesaola che hanno dato lustro al nostro calcio, oggi invece non riesco più a riconoscermi nelle persone che ci sono in questo sport”.

Carisma da vendere, carattere forte e tanta energia nel guidare i suoi uomini: “Ci caricava sempre prima di ogni partita. Nello spogliatoio era un martello, pretendeva sempre il massimo da noi – ricorda Giuseppe Bruscolotti – Era un personaggio da una personalità unica, talvolta sopra le righe. Riusciva a trascinarti in campo con una voglia matta di fare bene ad ogni partita, anche nelle più difficili. Ricordo l'attesa per la semifinale di Coppa delle Coppe contro l'Anderlecht. Sui giornali si parlava di “Pericolo Rensenbrink per il Napoli”. In città c'era tensione per una partita che poteva consegnarci alla prima finale europea della storia della nostra storia.. Rensenbrink rappresentava il giocatore più duro da affrontare. La mattina di quella partita, il mister, davanti ad un caffè con un giornale in mano al bar, mi fa: “Ma chi è questo Rensenbrink?Dove gioca? ” e io gli facevo: “E' uno forte mister, il loro giocatore più forte. Gioca a sinistra”. E lui mi rispose: “Non corriamo pericoli allora, perchè a marcarlo ci sarai tu. Possiamo stare tranquilli”. Risultato? Vincemmo 1-0 con gol mio, e Rensenbrink non fece nulla per tutta la partita. Era riuscito a trasmettermi una carica tale, che tutta la tensione del pre partita, la scaricai paradossalmente, non appena misi piede in campo. Non potrei che spendere belle parole per il Petisso. Una persona speciale, come non ce ne sono più, di un'altra epoca.

Allenatore si, ma anche giocatore rispettabilissimo e amato dalla folla: “Era il mio idolo in campo quando seguivo le partite del Napoli – ammette Gianni Di Marzio – Un grande amico. L'affetto che mi legava a lui, è grande quanto il dolore che provo ora. Persona eccezionale, al di là della figura che abbiamo avuto modo di ammirare prima da calciatore e poi da allenatore. Indimenticabile”.

Il ricordo più toccante forse, è quello di chi con Pesaola, ha trascorso gran parte della sua vita, come Faustinho Canè: “Sono appena tornato dall'ospedale. Abito a 50 metri da dove si è spento e ancora non mi capacito di come se ne sia andato – racconta incredulo – Ho appreso la notizia mentre ero a pranzo guardando il tg. E' stato un colpo al cuore. Il Petisso per me è stato un maestro. Se sono ancora qui, e la gente mi vuole bene a Napoli è soprattutto per merito suo. Prima della tattica, prima del campo e dei risultati, per lui veniva il rapporto con i suoi giocatori. Era molto legato a ogni singolo uomo che componeva la sua squadra. Ha saputo leggere la passione e reggere la pressione di questa città, regalando ai napoletani quello che si aspettavano dalla loro squadra di calcio. Ha vissuto più epoche lui qui, che nessun altro personaggio della storia del Napoli, prima da giocatore e poi da allenatore. Ha vissuto comunque momenti difficili. Era stato mandato via contro il suo volere, ed è comunque tornato qualche anno dopo, quando il Napoli rischiava di retrocedere dopo tanti anni. Raggiunse la salvezza anche quella volta. Ha sempre preso questa squadra per i capelli, tirandola via dai momenti sportivi più difficili. Ricordo ancora quando mi chiese di fargli da secondo nell'82. Ho dovuto rifiutare, perchè volevo allenare da primo allenatore, ma quella chiamata per me, significò tanto. Fu un grande orgoglio. Eravamo molto uniti, e lo siamo stati fino alla fine. Con lui e con Vinicio, ho un rapporto inquantificabile. Sono qui, che parlo a telefono, e racconto di lui e nel frattempo guardo una foto che ho appeso nella mia casa. Una cornice di legno, e uno scatto in bianco e nero dove sono con lui e mio padre. Ho sempre pensato di aver avuto due papà nella mia vita. E uno di questi era il Petisso”.

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